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CLUB ANDARE IN GIRO

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" Armenia, paese di croci e monasteri" Marco Masetti

Pubblicato da oleg su 12 Maggio 2012, 21:07pm

Tags: #I Nostri Speciali

http://www.gazzettadiparma.it/mediagallery/foto/dett_articolo/1336644601611_0.JPGVisitare l’Armenia è come fare un tuffo indietro nella storia, fino alle origini del cristianesimo, per scoprire un paese martoriato nei secoli, le cui croci di pietra, presenti ovunque, sembrano testimoniare la grande partecipazione religiosa e l’estrema sofferenza, non ancora sopita, alla quale è stata sottoposta la sua popolazione. Ma l’Armenia sa anche stupire; incastonata in zona caucasica al crocevia tra Asia, Medio Oriente ed Europa, si mostra nettamente, in tutte le sue sfaccettature e manifestazioni, la più europea delle nazioni che la circondano; poi, il paesaggio: catene montuose, altopiani, laghi, in successione continua nell’ormai esiguo territorio nazionale, che alternano a brutture post industriali sovietiche, paesaggi naturali di una bellezza unica. Quindi la città, perché l’Armenia è Yerevan, dal centro cittadino vivace, raccolto nella semplice piazza circolare della Repubblica, dove tutte le sere si riuniscono in molti, popolazione locale e turisti, ad ammirare il grande e variopinto spettacolo di suoni e luci. Attorno alla piazza, viali ampi e moderni, ricchi di negozi, anch’essi a racchiudere in cerchio il centro storico, si perdono in periferie decadenti, offese da palazzi dormitorio come celle d’alveare. Poi cultura, arte, folclore, con musei e gallerie. Da non perdere il Matenadaran, la grande biblioteca dei manoscritti e dell’alfabeto armeno e la Cascade, la monumentale scalinata centro d’arte internazionale. Tanti e variopinti i mercati, tra i quali spiccano a due passi dalla piazza principale il Vernissage, dove artigiani e mercanti presentano il sabato e la domenica i loro prodotti; il Vernissage dell’arte, a lato del grande edificio dell’Opera, meta dei pittori locali e, il mercato coperto Pag Shuka, quasi di fronte alla Moschea Blu. Tra tanti contrasti ed interrogativi, un fatto è certo, l’Armenia non è luogo da lasciare indifferenti.
Il 21 settembre 1991, staccandosi dall’Unione Sovietica, il Paese diviene stato indipendente, fondando la terza Repubblica d’Armenia e, con grande coraggio, ancora martoriato dal terremoto del 1988, affronta l’enorme crisi economica insorta per mancanza delle risorse energetiche un tempo garantite dall'Urss. Una difficile avventura nella quale il paese è ancora impegnato e che ne caratterizza palesemente la vita quotidiana, solo in parte aiutato dalle rimesse dei tanti emigranti. All’occhio del visitatore, l’Armenia potrebbe essere definita «Il Paese delle croci». Tante sono le croci, che ne caratterizzano storia e luoghi, croci reali e croci simboliche, di alcune delle quali proviamo a tracciare il profilo.
I KhatchkarI Khatchkar, o croci di pietra, discendenti dai menhir (monoliti verticali), sono una presenza ricorrente di un viaggio in Armenia. Ad attorniare i monasteri o nei negozi di souvenir, la loro immagine si fissa immancabilmente negli occhi del turista. Queste grandi lastre di pietra, solitamente di tufo intagliato, stimate in 30.000 sul territorio nazionale, sono simboli religiosi cristiani e normalmente raffigurano, al centro, la «croce fiorita» armena, caratterizzata da allegorie di foglie o frutti a rappresentare la continuità della vita, con numerose varianti, alcune delle quali, in rarissimi esemplari, arrivano anche a raffigurare Cristo. I Khatchkar, immancabili in quasi tutti gli edifici religiosi, potevano essere offerte votive, monumenti funerari o commemorativi, l’obbligo, era, come per i monasteri, di essere orientati ad occidente. Tracce di queste croci si hanno già dal V secolo, ma le più belle sono datate tra il IX ed il X secolo. I migliori Khatchkar si trovano spesso presso i monasteri; quello di Geghard, patrimonio dell’umanità, incastonato in uno spettacolare canyon o il Monastero di Haghpat, in posizione dominante su un altopiano. Visitare l’Armenia, infatti, è anche visitare i suoi tanti monasteri, ma il fatto non deve sembrare monotono, poiché molto spesso il contesto paesaggistico nel quale questi sono inseriti è di per sé meta di grande interesse. Ne sono testimonianza il Monastero di Noravank, uno splendido complesso in quota ad una gola rocciosa; il Monastero Khor Virap, nello splendido scenario che ha come sfondo il Monte Ararat o, citandone solo alcuni, il Monastero di Sevan, in zona panoramica sulla sponda dell’omonimo lago.
Echmiadzin e la Chiesa Armena: la Chiesa Apostolica Armena è antichissima, nata tra il I-II secolo, anche se l’evangelizzazione proseguì ad opera di San Gregorio l’Illuminatore, alla fine del III secolo. Interessanti le vicende tramandate che hanno portato re Tiridate III ad adottare il Cristianesimo come religione di stato, primo paese al mondo, precedendo anche l’Impero Romano. La versione più nota coinvolge Gregorio, rinchiuso dal re in un pozzo profondo infestato da serpenti, dal quale nessuno era mai uscito vivo, per punirlo della sua fede cristiana, ma Gregorio, segretamente nutrito da una vedova, venne liberato dal re dopo tredici anni,  ancora in vita. Di lì la conversione del sire. Il pozzo è visitabile presso il Monastero Khor Virap con alle spalle lo stupendo scorcio del Monte Ararat. Oggi il fulcro della Chiesa Armena è Echmiadzin, dove vive il suo massimo rappresentante, il Catholicos, attualmente Karekin II, a capo di una comunità di circa novemila fedeli sparsa in tutto il mondo, che cerca una rivitalizzazione dopo settant’anni di regime sovietico. Un’interessante presenza armena è anche in Italia, con i Padri Mechitaristi, sull’Isola di San Lazzaro, a Venezia, ex lazzaretto, che merita sicuramente una visita. Echmiadzin è il luogo dove l’Illuminatore fece costruire nel 301 la cattedrale omonima, divenendo da allora luogo di residenza del Catholicos e meta di tutti i fedeli. L’attuale austera cattedrale è frutto di numerosi interventi architettonici nei secoli, ma l’atmosfera che vi si respira nelle solenni funzioni, riporta l’uomo al misticismo delle sue origini.
Memoriale e Museo del Genocidio: un popolo in «croce», quello armeno, ormai a testimoniarlo è la storia. Dalle grandi estensioni dell’antichità, che hanno visto la «Grande Armenia» estendersi dalla Cappadocia, alla Cilicia, a Gerusalemme ed all’Eufrate, le tante vicissitudine, ultime quelle con la Turchia, l’Unione Sovietica e l’Azerbaigian, hanno ridotto il territorio nazionale a soli 29.800 Kmq e la popolazione a poco più di tre milioni di abitanti. Ma tra tutte le piaghe sopportate, sicuramente il Metz Yeghem, il Grande Male, come gli armeni lo chiamano, è coinciso col genocidio perpetrato dal governo dei Giovani Turchi tra il 1915 e il 1917, che provocò la morte di un milione e mezzo di persone. Significativo richiamo a questa tragica vicenda, anche il libro di Antonia Arslan, «La masseria delle allodole». Il complesso, formato dal Memoriale e dal Museo del Genocidio, si trova sulla collina delle rondini, nei pressi di Yerevan e una visita può far riflettere, come poi accadde anche nei confronti degli Ebrei, di quanto sia stato capace l’uomo. Di grande emozione il 24 aprile di ogni anno, quando per commemorare l’inizio del genocidio del 1915, migliaia di armeni da tutto il mondo risalgono la collina per deporre un fiore alla base circolare della fiamma eterna. L’ultima «croce» che ancora ferisce questo popolo è il rifiuto della Turchia di riconoscere il genocidio e l’indifferenza di alcuni governi che per non incrinare i rapporti con lo stato turco non prendono posizione in merito. ( Fonte: http://www.gazzettadiparma.it/viaggi/dettaglio/2/133414/Armenia_paese_di_croci_e_monasteri.html)

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