Lussureggianti foreste pluviali che si tuffano in mare, deserti di terra rossa, montagne incontaminate, spiagge bianche, pascoli sterminati, coltivazioni a perdita d’occhio: Australia. Un luogo dove gli spazi e le distanze sono inimmaginabili, dove lo sguardo riesce a perdersi senza incontrare ostacoli, dove la strada fiancheggia per chilometri il nulla. Un luogo per gran parte inospitale, e per questo poco popolato, un luogo ricco di risorse naturali, che nel corso degli ultimi due secoli hanno gente di tutto il mondo.
Qui c'è un'unicità di specie animali e vegetali unica al mondo: la mano dell’uomo non è intervenuta ad influenzare un ecosistema naturale che persiste originario, e che si cerca di salvaguardare. Oddio, qualche intervento, e pesante, per il totale annientamento delle popolazioni indigene quando gli europei, inglesi in primis, hanno piantato la propria bandiera nella seconda metà del Settecento c'è stato, eccome: malattie, violenze, terrore, soprusi hanno annientato gli aborigeni, dove i pochi superstiti sono stati relegati in riserve vedendo così la fine della loro civiltà. Una storia analoga a quella degli indiani d’america.
Colpisce la luce in Australia, come se il cielo fosse più vicino alla terra, come se i colori naturali in qualche modo brillassero di più. E colpisce la genuinità e la disponibilità delle persone, che non perdono occasione per un sorriso, per attaccar discorso, per offrirti una mano. Non si percepisce mai fretta: yuppies in maglietta, impiegati in infradito, una informalità in qualsiasi settore che non ci è famigliare. Non c'è aria da «superindaffaramento» si lavora dalle 9 alle 5, e poi si esce negli stupendi parchi botanici cittadini, nei centri sportivi (è molto praticato il bowling, in sostanza gare di bocce su erba con palle più grandi di quelle usate qui), nei pub, in spiaggia per un giro in surf (preferibilmente con la muta per scongiurare i pericoli di eventuali incontri con le meduse killer). Grande attenzione alle esigenze delle famiglie, con strutture ricettive e divertimenti per bambini. Il fulcro del nostro viaggio è stato un evento naturale: un’eclisse totale di sole intorno alla quale abbiamo costruito l’itinerario. Volo e noleggio auto prenotati in anticipo via internet, come il pernottamento a Sydney e a Cairns (punto migliore per l’osservazione dell’eclisse), tutto il resto è stato trovato in loco di volta in volta.
Siamo partiti per Sydney : 3 giorni a zonzo per questa splendida e costosa città, dove abbiamo apprezzato la posizione su una baia molto articolata ricca di istmi, insenature, isolette che ne rendono unico il colpo d’occhio. Pur essendo una metropoli, ci si sposta agevolmente con metrò, bus, treni, e traghetti, con un biglietto unico. Da non perdere gli splendidi parchi botanici, l’opera house con la sua inconfondibile architettura, il museo d’arte moderna, l’harbour bridge visibile da ogni punto della baia, e la moderna torre panoramica da cui si può abbracciare con uno sguardo tutta la città. Si trova qualsiasi tipo di cucina, in particolare asiatica, ma non è facile trovare un luogo dove si mangi bene a prezzi ragionevoli. Invece c'è un’amplissima scelta di ottimi vini locali tra cui spaziare (anche qui non sempre a prezzi ragionevoli). Voliamo verso nord, a Cairns dove ci riuniamo con altri amici di Parma appassionati astrofili in vista dell’eclisse imminente. Cogliamo l’occasione per visitare i dintorni: Cape Tribulation, una terra di frontiera raggiungibile tramite una chiatta trainata da un cavo, dove la fitta foresta pluviale arriva al mare, ed ogni specchio d’acqua pullula di coccodrilli, squali e meduse killer. Fare il bagno è off limits. Ma la natura offre qui uno spettacolo inimmaginabile. Da non perdere una escursione in barca su uno dei rii che arrivano al mare alla ricerca di coccodrilli. Noi siamo stati fortunati e ne abbiamo visti due, di ragguardevoli ed inquietanti dimensioni. Anche le immense e deserte spiagge non sono da meno, ed è inusuale per noi stare in un posto così bello e non fare il bagno! Rientriamo a Cairns già eccitati per l’eclisse del giorno dopo: in ostello fervono i preparativi per i filtri delle macchine fotografiche, la verifica per la tenuta dei cavalletti, gli occhiali per guardare il sole.
Sveglia all’alba per essere sulla spiaggia al sorgere del sole, già eclissato alle 5:30. Purtroppo alcune nubi funestano la prima fase, e provocano un notevole sconforto tra gli astanti: 70 mila persone provenienti da tutto il mondo per questo evento! La fortuna ci ha assistito, e poco prima della totalità (quando il disco della luna copre per intero il sole) quella porzione di cielo si è liberata consentendoci di godere del più grande spettacolo della natura: si è spenta la luce e le stelle sono tornate a brillare per i quasi 7 minuti di totalità, con un grande ohhh da parte della folla quando è riapparso il sole con il diamante, il primo raggio scoperto dalla luna che fa comparire una luminosissima gemma sull'anello di luce del sole. Che emozione!
La nostra avventura prosegue con la visita a Green Island, dove completamente avvolti da mute integrali ci lasciamo abbagliare dalla bellezza e varietà dei colori del reef e dei pesci che vi vivono, incluso uno squalo di un metro: una sbalorditiva pletora di flora e fauna di forme inusuali. Proseguiamo il viaggio verso sud, intervallando lunghe tappe in mezzo a pascoli e piantagioni di canna da zucchero, a visite a spiagge bianche palmate stupende come Mission Beach, fino ad arrivare a Townsville per imbarcarci per Magnetic Island, che deve il nome a presunte interferenze magnetiche alle bussole del capitano Cook. Un posto singolare, dove l’escursione delle maree rende le spiagge immense distese fangose e luccicanti dove le barche sembrano spiaggiate, e dove in una passeggiata esplorativa vediamo anche una famiglia di aquile di mare. Incredibile la varietà di volatili e degli alberi del loro ambiente naturale, tra cui alberi con radici aeree che si allargano rendendo i tronchi immensi.
Torniamo sul continente ed arriviamo ad Airlie Beach dove cerchiamo disperatamente di imbarcarci per un giro nell’arcipelago delle Whitsunday Islands: è la settimana in cui i ragazzi dell’ultimo anno delle superiori organizzano viaggi per salutare la fine della scuola dell’obbligo, quindi è tutto overbooked. Troviamo un’agenzia gestita da Carolina, una ragazza cilena, che con grande pazienza ci trova due miniviaggi per veleggiare e soggiornare tra le isole. Passiamo una giornata ed una notte nella splendida Long Island, sistemati in splendidi bungalow sul mare dove tra la foresta di mangrovie ed il kayak ci riposiamo dal viaggio.
Altri due giorni li passiamo veleggiando in catamarano insieme ad una folla internazionale di ragazzi tra South Molle Island e l’incredibile Whitehaven Beach: il vero paradiso bianco tra palme, mangrovie, scogli rossi e la spiaggia cigolante, perché strisciando i piedi produce uno strano sibilo, dovuto ai finissimi frammenti di conchiglie con cui si è formata la sabbia. Torniamo sulla terra ferma e riprendiamo la strada verso sud fino alla graziosa cittadina di Harvey Beach, per visitare un’altra isola formata da una bolla di sabbia ricca di specchi d’acqua dolce: Fraser Island. Ci muoviamo su enormi pullman fuoristrada che possono viaggiare su piste di sabbia, dune e spiagge: ci addentriamo a piedi nella foresta pluviale, con alberi e vegetazione differente rispetto alla nordica Cape Tribulation, ci arrampichiamo sulle dune per arrivare allo specchio di Lake McKenzie, e ci bagnamo nell’Eli Creek. Non ci facciamo nemmeno mancare una escursione in aereo, da cui ammiriamo la particolarità di questo agglomerato di sabbia, con sorgenti d’acqua dolce, e dove sopravvive una colonia di dingos (piuttosto pericolosa per la verità) che ha fatto sparire i koala che vivevano sull'isola.
Dopo una tappa alla ditta di produzione del Bundaberg Rum prodotto con diversi tempi di invecchiamento e certamente da provare, proseguiamo verso Brisbane, la maggiore città della costa est. Distesa su colline che si affacciano sul mare, Brisbane è una cittadina in stile coloniale, dove il venerdì sera la folla passa di locale in locale e barcolla per i marciapiedi.
Da lì ci spostiamo a Melbourne per proseguire il nostro viaggio verso il centro dell’Australia. Melbourne nello stato di Victoria è la seconda città più popolosa del Paese, ma i suoi 4 milioni di abitanti non ne modificano l’essenza che rimane quella di una città a misura d’uomo, accogliente con un ritmo ed uno stile di vita che nulla hanno a che fare con quello delle metropoli alle quali siamo abituati. Melbourne è divisa in numerosi quartieri ciascuno con delle caratteristiche peculiari che lo differenziano enormemente dagli altri ed è per questo che accanto ad un sobborgo alla moda con edifici in stile vittoriano, parchi e viali alberati, se ne trova uno più alternativo o un altro decisamente più vivace. Il cuore della città è rappresentato da Federation square, dove un architettura fatta di acciaio, vetro e geometrie ospita musei di arte contemporanea, immagini in movimento, bar e ristorantini. Proseguendo lungo lo Yarra River che attraversa la città si incontra il quartiere di Southbank, la zona più colta, dove soprattutto la sera lungo la banchina del fiume si alternano locali e ristoranti in un eccesso di luci e suoni. Ma se si gradisce un’atmosfera più bohémienne non si può non apprezzare Fitzroy dove tra le abitazioni e i locali stravaganti (vecchie barberie, negozi vintage e cappellerie matte) si trova la gente dallo stile underground.
Da una metropoli al Northern territory per raggiungere Ayers Rock (Uluru nella lingua dei nativi) il monolito in arenaria rossa che si erge unico e solitario nel mezzo dell’outback australiano, uno dei simboli forse più conosciuti di questo continente, le cui immagini e rappresentazioni non riescono minimamente a rendere la bellezza del panorama e soprattutto la magia e la spiritualità del posto. Uluru è un luogo sacro per gli aborigeni perché, secondo la tradizione orale, il sentiero che risale il versante della montagna era parte del percorso compiuto dai loro antenati all’arrivo in questa terra durante "l'era del sogno", ogni pozza, caverna buco scavato nella superficie di questa montagna altro non sarebbero che le tracce delle azioni e del passaggio degli esseri ancestrali della loro tradizione, rappresentati da dipinti rupestri, alcuni dei quali risalgono a diversi millenni fa. Quest’atmosfera di spiritualità si respira durante tutto il percorso, nel silenzio dei luoghi, nel racconto sapiente delle guide che ripropongono i miti aborigeni e nel fascino naturale dei colori della montagna che cambiano continuamente.
Non si riesce a descrivere tutta la gamma di colori che si trovano in questo deserto, i gialli, i verdi, l’azzurro terso del cielo e soprattutto le tonalità del rosso che riempiono gli occhi e l’anima con un’emozione che lascia il segno e che è veramente difficile descrivere e dimenticare.
Fonte: www.gazzettadiparma.it