Lunghi riccioli biondi e occhi azzurri, una sorta di vichingo trapiantato nel cuore caldo del Mediterraneo. Clemente è proprio quello che non ti aspetti di incontrare a Favignana, la regina delle Egadi. Un uomo possente dai tratti spiccatamente nordici, selvatico nell’aspetto ma di modi squisitamente gentili ed eleganti. E alle spalle una storia che da sola può riempire tutti i libri che raccontano questo minuscolo e meraviglioso pezzetto di terra di Sicilia.
Clemente è un monumento vivente a Favignana, la sua immagine ricorre in tutte le cartoline, i poster, le guide dell’isola che parlano della mattanza dei tonni, attività che fino a pochi anni fa rappresentava il motore dell’economia dell’isola. La tonnara dei Florio, un caseggiato basso e lunghissimo che occupa gran parte dell’insenatura del porto, dava lavoro a tutto il paese e la sua fama oltrepassava i confini nazionali nel dopoguerra. E Clemente è l’icona di questo passato recentissimo, di cui si avverte ancora il profumo passeggiando per i vicoli del borgo. Sulla sua pelle abbronzata è scritto un pezzo di storia di Favignana: 47 stagioni di mattanza, più di cinquantamila tonni tirati su a braccia, sempre in prima linea guidando l’antico rituale da vice rais, accanto al rais Gioacchino.
Al collo porta un dente di pescecane incastonato in un ciondolo: non è un talismano, ma il ricordo di una giornata particolare, quando invece di un tonno si ritrovò a tu per tu con uno squalo di quattro tonnellate (!). Naturalmente chi ha avuto la meglio è qui a raccontarcelo. E la sua foto con il “mostro” di sette metri campeggia in uno dei più noti ristoranti dell’isola.
Ma lui non ama questa notorietà. Anzi, la sfugge. Il “leone bianco” preferisce la riservatezza. Vive in una casa appena fuori dal paese e la sua barca da pesca, con cui accompagna anche i turisti a fare il giro dell’isola, la tiene ormeggiata in un porticciolo fuori mano dall’altra parte dell’isola, a Punta Lunga, lontano dalla mischia dei barcaioli che ti aspettano allo sbarco dall’aliscafo e giocano “al ribasso” per procurarsi un cliente in più.
E anche la tonnara, a cui ha dedicato l’intera vita, è diventata per lui una spina nel fianco, un pensiero amaro dal quale prendere le distanze. Ha lasciato la “cooperativa” dei tonnaroli che ogni anno ripetono il rito della mattanza. Una decisione sofferta, ma non vuole avere niente da spartire con le cosiddette “tonnare volanti”, quella spietata caccia ai tonni che avvista i branchi avvalendosi di mezzi sleali come gli elicotteri e li chiude nell’imbuto dello stretto di Gibilterra mentre tentano di entrare nel Mediterraneo per venire a deporre le uova. E lì avviene la strage, come la definisce Clemente.
E lo dice con grande amarezza. Clemente è un uomo di mare, e del mare “prima di tutto bisogna avere rispetto” dice, guidando in porto la sua barca bianca e verde sulle acque cristalline come le sue parole.
Questa sua integrità è scomoda, gli ha messo contro alcuni ambienti che non la pensano come lui e sta passando momenti difficili. Ma per lui contano di più i suoi principi e la sua dignità. E la serenità che prova ogni mattina, svegliandosi, quando il suo sguardo fermo incontra il suo grande fratello, il mare. ( Fonte: www.gazzettadiparma.it)
Autore: Katia Salvini
Favignana, l'isola dove regna il "Leone bianco"
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