Se pensate che la chirurgia plastica sia nata in California, vi sbagliate: dovete cercare più vicino, tra la dolci colline del Montefeltro. Ebbene sì, il famoso naso di Federico II, quello ad angolo retto immortalato nel ritratto di Piero della Francesca, fu voluto dal Duca stesso. Non di vanità si trattava, ma della necessità, in seguito a una ferita in battaglia, di poter vedere bene anche dal lato dell’occhio menomato. Oltre al suo profilo, lo spregiudicato signore che amava la cultura quasi quanto il potere plasmò Urbino e i dintorni, fino a renderli involucri dalle forme armoniose, traboccanti tesori d’arte.
L’imponente mole di Palazzo Ducale fu voluta da lui, che lo progettò insieme agli architetti Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini. «Contiene tante stanze quanti i giorni dell’anno», scriveva l’impressionato Montaigne circa un secolo dopo, seduto all’ombra dei due aguzzi torricini che guardano verso la Toscana. In effetti il palazzo era una vera e propria città, che poteva ospitare fino a 300 persone. Oggi è sede della Galleria Nazionale delle Marche, dove si è da poco conclusa una grande mostra sulla Città Ideale. Per comprendere lo spirito da mecenate di Federico basta sostare qualche minuto nel suo avvolgente studiolo, intarsiato da Di Martini, Bramante e Botticelli: a quel punto non si stenta a comprendere perché arrivò a utilizzare un terzo del Pil per far miniare una Bibbia. Del resto il Duca, che conosceva la stampa ma la disprezzava, aveva anche una ricchissima biblioteca con 900 codici miniati, che fu acquistata a metà Seicento dal papa Alessandro VII Chigi e ora fa parte della collezione vaticana. Nella Galleria Nazionale si susseguono opere di Piero della Francesca, Tiziano e Raffaello.
Di quest’ultimo in città si può visitare anche la casa, per l’appunto su via Raffaello, che sale ripida da piazza della Repubblica a piazzale Roma, unendo i due colli della cittadina. Sull’altura opposta a Palazzo Ducale, tra vicoli e scalette, case di pietra chiara e mattoni rossi, si raggiunge l’Oratorio di San Giovanni, detto «la Cappella Sistina delle Marche», interamente affrescato a fine Trecento dai fratelli Salimbeni fin nei dettagli più minuti: è forse l’unico caso di una Crocifissione con gli angeli piangenti.
Sede universitaria di antica data, con la partenza degli studenti Urbino è solitamente molto quieta, fatta eccezione per la Festa del Duca, rievocazione storica che il 17, 18 e 19 agosto ripropone i giochi rinascimentali. In questi giorni invece, fino 29 luglio, è in corso un festival di musica antica tra Palazzo Ducale e la chiesa di San Francesco. Alibi buoni per scoprire anche formaggi e salumi delle campagne del Montefeltro: deliziosa la caciotta urbinate - tre quarti di latte ovino, uno vaccino, nessuna stagionatura - di cui pare fosse ghiottissimo Michelangelo Buonarroti; gustosissimo il pecorino in botte, lasciato stagionare per almeno 40 giorni e poi avvolto in foglie di noce o castagno per un’ulteriore stagionatura in barili; sorprendente il prosciutto aromatizzato con aglio, vino, rosmarino e alloro. Alla produzione di olio, pecorini e insaccati di qualità la regione Marche ha appena dedicato una strada del Gusto, la provinciale 26, che va da Saltara a Sant’Angelo in Lizzola.
Se invece volete seguire le orme dei Montefeltro, che in estate lasciavano Urbino, in una mezz’oretta potete raggiungere Urbania, l’antica Casteldurante, loro residenza estiva. Gli artigiani locali intorno al 1100 scoprirono il segreto della lavorazione della maiolica, fino a quel momento nota solo in Cina, diventandone ben presto maestri. Nel XVI secolo i forni fumanti erano ben quaranta, oggi restano una decina di laboratori che utilizzano ancora l’antica tecnica a base di sabbia di mare e sassi di lago macinati. Nel Palazzo Ducale, voluto dai Montefeltro sul fiume Metauro, fino al 31 ottobre resta aperta una mostra sulla Madonna della Neve del pittore manierista Federico Barocci.
In direzione opposta, chi da Urbino vuole raggiungere Pesaro può seguire l’antica strada consolare romana: circa a metà strada vale la pena fare una sosta nella frazione Montefabbri di Colbordolo. Le alte mura medievali racchiudono solo casette di campagne strette le une alle altre, ma poi appare una pieve del VII secolo con la più antica collezione delle Marche di scagliole - decorazioni in stucco - e una torre campanaria singolarmente melodiosa. Mentre le quattro campane rintoccano sulle note sol-la-si-re, potete assaggiare qualche doc dei colli pesaresi, rigorosamente da vitigni Sangiovese o Montepulciano, accompagnato da un’appetitosa crescia, una sfoglia parente, come l’analogo crostolo urbinate, della piadina romagnola.
Montefabbri festeggia la sua patrona, Santa Marcellina, l’ultima domenica di luglio. Se, come diceva Ezra Pound, «il Rinascimento non è un’epoca ma un temperamento», nella qualità di vita di questi borghi del Montefeltro si può sperare di ritrovarlo. ( Fonte: www.lastampa.it)
"Dal 17 al 19 agosto la festa del Duca, rievocazione storica che ripropone i giochi in voga nel XV secolo"
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" La quieta Urbino. Urbino cuore del Montefeltro" di Giulia Stok
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