Collaborazione che vince non si cambia. Dev'essere così per la partnership fra Centre Pompidou e Palazzo Reale. Il Museo d'Arte Moderna di Parigi e il polo espositivo milanese per eccellenza svelano in queste ore la seconda mostra nata dalla loro sinergia. La scelta è andata su una personale di Vassily Kandinsky che apre al pubblico martedì 17 dicembre.
Otto sale per scoprire quanto la vita raminga dell'artista, nato russo, diventato prima tedesco poi francese - abbia influenzato la sua arte.
Se per il debutto si era scelto di indagare le modalità attraverso cui il volto è stato raccontato nel Novecento da decine di artisti diversi per cronologia e tecniche, questa volta si è optato per un focus sul padre dell'Astrattismo. Ottanta lavori - tutti in prestito dal fondo donato al Pompidou dalla vedova Nina Kandinsky - che raccontano un divenire umano e artistico unico.
Unico perché, pur restando identica la persona che sigla il lavoro, tutto cambia. Come comparare Azzurro Cielo, l'olio su tavola del 1944 che fa da copertina al catalogo e corrisponde all'idea (un po' stereotipata) di cosa debba essere un Kandinsky - colori accessi, assenza di figure, forme quasi infantili - con Venezia n.4 datato 1903 emblematico esempio del Post-Impressionismo? Inutile sforzarsi, in mezzo ci sono un mondo e un Vassily differenti. Due guerre, innumerevoli traslochi, gran parte dei quali forzati dalla Storia, due matrimoni, la morte di un figlio. In una parola, la vita.
Tutti gli artisti cambiano, direte voi. Certo, ma Kandinsky sa essere unico. Perché non rinnega mai ciò che è stato. E il percorso espositivo ideato da Angela Lampe, che ci guida in una cavalcata che parte dal 1896 per terminare nel 1944, ce lo dimostra.
Partiamo dalla prima sezione, che mette a fuoco il periodo trascorso a Monaco (1896-1914), quello in cui scrive Dello spirituale nell'arte, fondamento del percorso verso l'astrazione ma dipinge ancora à la manière de Courbet, per passare al veloce rientro in Russia (1914-1921) fino agli anni alla Bauhaus (1921-1933) che gli valgono fama e prestigio.
Non manca - come hanno sottolineato la curatrice Lampe e il neo-direttore del Centre Pompidou Bernard Blistème, alla prima uscita ufficiale dopo la nomina, il periodo parigino, quello meno rappresentato in giro per il mondo, di cui il museo francese è nume tutelare per volontà dell'amatissima Nina.
La vecchiaia (1933-1944) è per Kandinsky un periodo lieto, l'ensemble di surrealisti conquista il maestro e, come accaduto per ogni fase della sua esistenza, si fa largo nella sua pittura attraverso colori chiari e forme che i tecnici definiscono biomorfe. Quasi che l'artista moscovita sapesse farsi spugna, carta porosa di ogni idea d'arte, purché brillante.
Lorenza Delucchi
Fonte: www.mentelocale.it