«Eurocities è un'occasione importante di scambio e relazione tra le città. Anche perché le città europee hanno un carattere particolare, un dna comune, che le rende uniche» così esordisce l'architetto e urbanista Renzo Piano, durante Eurocities, l'assemblea del network delle città europee, che quest'anno, in occasione del venticinquesimo anniversario dalla fondazione, si è riunita ai Magazzini del Cotone di Genova.
Qual è la particolarità delle città europee e cosa le rende uniche?
«'Città' e 'civiltà' sono parole che hanno una radice comune e in particolare le città europee sono luoghi in cui le diverse funzioni del vivere si confondono: dalla vita quotidiana al lavoro, dal divertimento all'educazione e all'informazione. L'europeità è anche un fatto culturale e noi europei viviamo sulle spalle di un gigante: la cultura».
Anche Genova è una città che può considerarsi europea?
«A Genova non manca niente per essere europea. Nel '600, il siglo de oro, è stata una capitale mondiale e non ha mai perso quelle caratteristiche che l'hanno resa unica. Sono contento e orgoglioso che questo convegno si svolga proprio a Genova. Spero che chi non c'è mai stato capisca la sua bellezza, troppo spesso nascosta e silenziosa».
Quali sono i progetti per Genova e come dovrebbe cambiare?
«Genova, è una delle città più belle del mondo. Prima del '92 il porto era separato dalla città, ma da allora Genova ha potuto ritrovare il suo contatto con il mare e ristabilire un rapporto con l'acqua. Paul Valéry la definì una 'cava d'ardesia', ma la sua componente acquatica è importantissima, è la sua identità. Con il progetto Urbanlab abbiamo definito i criteri di crescita della città, perché una città non può continuare a crescere e a esplodere, producendo nuove periferie. Per esempio il porto genovese deve svilupparsi, ma non occupare la vista mare, che anzi va restituita ai cittadini. Bisogna crescere dentro la città, riconvertendo le aree industriali e ferroviarie dismesse e incrementando la densità, senza però rinunciare al verde. Certo, non si può fare una green belt, come a Londra, perché Genova è una città lineare, ma si possono comunque tracciare dei limiti entro cui non costruire più, proprio per evitare la formazione di nuove periferie».
Qual è il rapporto tra un architetto e le città in cui di volta in volta si trova a lavorare?
«Il mestiere dell'architetto è un mestiere d'avventura. L'architettura non è solo costruire, ma è un'arte sociale e umanistica. Quando si lavora e si progetta in una città è necessario diventare a tutti gli effetti membri di quel posto, per capirne l'anima e farla propria. Di volta in volta sono diventato parigino, berlinese, newyorkese, londinese, anche se resto sempre un genovese».
In che senso l'architettura contribuisce allo sviluppo e all'integrazione delle diverse componenti sociali?
«Per esempio con i luoghi della cultura. Luoghi che non sono destinati a un'elite, ma che sono aperti e accessibili a tutti, proprio come deve essere la cultura. Progettare questi luoghi significa creare nuovi spazi urbani che siano anche un punto d'incontro per i cittadini e in cui i cittadini si riconoscano. Oggi parliamo di Planning for people, ma dovremmo parlare anche di Place for People».
Quali tra le sue opere possono essere considerati 'luoghi di cultura'?
«C'è stata la riqualificazione del centro storico di Otranto, ma anche la costruzione del Centre Pompidou, nel pieno Marais di Parigi, il Museo della collezione Menil a Houston in Texas, quasi in pieno deserto, che è diventato centro di promozione e aggregazione culturale. Se ne possono citare tanti, dalla riconversione della Postdammer Platz a Berlino al Porto Antico di Genova, che ha restituito il mare ai genovesi».
Quali sono i suoi progetti attuali?
«Sta per essere ultimato lo Shard London Bridge di Londra che diventerà il grattacielo più alto d'Europa. La particolarità di questo edificio è che sarà una piccola città verticale, con trenta piani, tra uffici, spazi pubblci e alberghi. In cima ci sarà una piattaforma panoramica. Ma la caratteristica dello Shard è che ospiterà pochissimi posti auto, perché sorge sopra la stazione di London Bridge, dove passano sia la metro che gli autobus. Se vogliamo delle città con meno automobili, dobbiamo smettere di costruire parcheggi».( Fonte: www.mentelocale.it)