Fu cantata da Omero la perla della Costa Viola, in Calabria
Al tramonto sulla punta dello stivale il Tirreno si colora di riflessi violacei. Un fenomeno - figlio dell’incontro tra fondali calabresi e macchia mediterranea - che dà ai 35 chilometri di tortuoso litorale reggino, tra Palmi e Villa San Giovanni, il nome di Costa Viola. È uno dei tratti più drammatici della riva italiana, con le propaggini occidentali dell’Aspromonte che si tuffano tra acque cristalline. Mare e monti racchiusi in un solo paesaggio, sintesi della morfologia della Calabria. Un tratto litoraneo movimentato da alte e frastagliate scogliere che precipitano a strapiombo del Tirreno. Pareti di roccia in cui si aprono anfratti come la grotta dello Sparviero. Bellezza ruvida. Con i pendii rocciosi che si alternano ai frequenti terrazzamenti e alle strette lingue di sabbia o di ciottoli che addolciscono l’austero scenario marino e forniscono rilassate occasioni balneari. Come la spiaggia di Taureana a Palmi con il famoso Scoglio dell'Ulivo: la nodosa pianta simbolo del Mediterraneo è nata spontanea in cima a un faraglione che spunta dai flutti. O la bella spiaggia di Favazzina, a nord di Scilla.
A nord, la Costa Viola inizia nella cittadina di Palmi, dominata dal Monte Sant’Elia, dove l’Aspromonte comincia a giocare col mare tra calanchi a picco e scenari struggenti. La strada costiera serpeggia tra terrazze coltivate a vigna e pendici foderate di macchia mediterranea. L’arteria litoranea porta quindi a Bagnara Calabra, adagiata nel vallone Malopasso: a lato della sua affilata e lunga spiaggia bianca sono fioriti gli alberghi e i ristoranti della città moderna, ma risalendo la Bagnara vecchia si raggiunge la collina di Santa Barbara, un punto pa noramico in cui l’occhio spazia da Capo Vaticano (a nord in provincia di Vibo Valentia) fino a alla rupe di Scilla e allo Stretto di Messina a sud. È però a Scilla che il paesaggio si mescola col mito. Cantato da Omero nell’Odissea come il mostro marino che dalla costa calabra si opponeva a Cariddi, sul versante siculo, rendendo le acque dello stretto le più pericolose del Mare Nostrum. Scilla è un borgo antico abbarbicato su uno sperone di roccia dominato dal castello dei Ruffo. Protegge la baia sabbiosa da dove, tra maggio e settembre, partono le «passerelle», i pescherecci attrezzati con una torre d’avvistamento su un albero alto più di trenta metri e con un lungo pontile che sporge dallo scafo per catturare il pescespada. Un rito praticato ancora - a Scilla come a Bagnara - con le antiche tecniche per fornire l'ingrediente più pregiato della gastronomia della provincia di Reggio Calabria. I ristoranti costieri lo servono in carpaccio, stufato con capperi e limone o al sarmorigghio e miele (marinato in una salsa di olio, aceto, miele, pepe, zenzero, aglio, origano, prezzemolo e sedano prima di essere cucinato alla piastra). Altri piatti di mare calabresi mettono in padella ricci, polipi, seppie, cozze e alici. Uno dei migliori indirizzi per gustare questi piatti è il «Bleu de toi» di Chianalea, a sud di Scilla. I frutti del Mediterraneo si coniugano con quelli dell'Aspromonte: maiale, capra, ricotte e formaggi pecorini. Ingredienti chiave sono il peperoncino, l'olio d'oliva della Piana di Gioia, i capperi, le olive e le conserve sotto olio o aceto: pomodori secchi, melanzane, carciofini. E regina della tavola è la pasta: tutti gli ingredienti citati partecipano a ricchi sughi di terra e di mare e si fanno ancora in casa i maccheroni, sfilati a uno a uno dal ferretto.
Scilla è fronteggiata da «montagne sommerse» coperte di gorgonie gialle, rosse e arancio; di recente sono state scoperte anche rare colonie di corallo nero. Mentre vicino a Capo Barbi, nei pressi di Palmi, ci sono scogliere di corallo bianco. E nelle acque dello stretto c'è una foresta di alghe giganti. Un ambiente marino che non ha eguali nel Mediterraneo e ha trasformato la Costa Viola in una destinazione ambita dai subacquei. A sud di Scilla l'orizzonte è chiuso dallo Stretto di Messina, il litorale diventa ancora più aspro per poi ammorbidirsi con le lunghe spiagge di Cannitello e Porticello a nord di Villa San Giovanni. Qui, dove dovrebbe sorgere il discusso ponte, una fortezza borbonica di fine Settecento è stata trasformata nell'Altafiumara Hotel. Le antiche mura che ospitarono Gioacchino Murat e, nel 1860 furono teatro di scontri tra le i garibaldini e i soldati del Regno di Napoli, è diventato un indirizzo di charme con ville ed eleganti suite, terrazzi solarium, un ottimo ristorante specializzato in pesce, l'enoteca ricavata nell'antica polveriera e un giardino degli odori con oltre cento varietà di piante aromatiche.
( Fonte: www.lastampa.it)
( Autore: Marco Moretti)