Nel cuore della Valtellina c’è un’oasi incantata dove natura, tradizione e gusto si intrecciano come non mai. Un luogo che da tempio della neve d’inverno si trasforma in teatro di splendide scenografie di colori e profumi d’estate.
In Valmalenco la storia sembra essersi fermata al di fuori degli orizzonti limitati dalle maestose vette per lasciare entrare solo qualche timido riflesso. Un valle dura che, salendo da Sondrio, si configura dapprima come aspra e stretta ma che, proseguendo, si schiude verso il vasto scenario dominato dagli imponenti gruppi montuosi del Disgrazia, del Bernina e dello Scalino. Se nei mesi freddi gli oltre 60 km di piste dei comprensori dell’Alpe Palù e di Caspoggio e la modernissima Snow Eagle, una delle più grandi funivie del mondo, costituiscono le sue eccellenze, nella bella stagione la valle offre momenti preziosi a contatto con la natura e il folklore. Per vedere gli angoli più remoti c’è l’Alta Via della Valmalenco, uno dei percorsi escursionistici d’alta quota più belli dell’arco alpino: nei 110 km tra gli 800 e i 3000 metri immersi nella flora spontanea fra antiche cave, laghi, costruzioni pastorali e panorami mozzafiato, si attraversano boschi e pascoli, penetrando nelle gole laterali, scavalcando valichi impervi al cospetto delle colate dei ghiacciai.
Il sentiero glaciologico intitolato a Vittorio Sella, precursore della fotografia alpestre, poi porta alla scoperta del Ventina, ovvero ciò che rimane dei ghiacci che una volta colmavano la valle. Tante sono le possibilità di vivere la montagna a tutto tondo: dall’alpinismo classico all’adrenalinico rafting sull’Adda, fino a scoprire i trucchi dell’arrampicata sportiva lungo le falesie, passando per lo speleocanyoning al Cormor per sentirsi dei veri Indiana Jones. Si tratta di un itinerario unico in tutte le Alpi che permette di esplorare un ambiente spettacolare dove la roccia verde è stata modellata come una vera e propria scultura naturale. Per i meno avventurosi nella conca di Franscia c’è un affascinante percorso sulle tracce dei fenomeni di erosione torrentizia e glaciale, «le orme dei giganti».
E naturalmente sono moltissimi i sentieri, perfettamente segnalati e per ogni grado di difficoltà, lungo i quali scoprire la Valmalenco. Trekking, mountain bike, nordic walking e, per i bambini, le settimane di vacanza-avventura nei rifugi. L'economia della valle si basa sulle attività turistiche e, storicamente, sull'estrazione e la manipolazione delle pietre, come il serpentino e la pietra ollare: la lavorazione tradizionale di quest’ultima, utilizzata ancora oggi per la realizzazione dei tipici "lavecc", si è trasformata in una vera e propria arte, tanto che alcuni artigiani hanno iniziato a inciderla a mano con le fantasie e i disegni più diversi o a scolpirla per ottenere apprezzati oggetti ornamentali: la tappa in uno dei laboratori dei maestri è d’obbligo. Le tradizioni infatti costituiscono parte fondamentale del patrimonio e della cultura «malenca». Imperdibile in questo senso la visita all’ex miniera della Bagnada, ora ecomuseo di se stessa, che è possibile scoprire vestiti come minatori del secolo scorso, quando erano la natura e la roccia a scandire i ritmi di vita.
Il giacimento di talco bianco venne individuato verso la fine degli anni Venti del Novecento, mentre si cercavano nuovi filoni di amianto. L’esplorazione è coinvolgente: due ore a piedi nel labirinto di gallerie in un’atmosfera fuori dal tempo per tramandare la memoria di un lavoro sacrificante che ha connotato la zona. Terminata la visita dei 4 livelli di gallerie percorribili, attrezzate e illuminate, tappa al museo minerario che raccoglie reperti legati all’attività estrattiva. Interessanti anche la collezione mineralogica con esposizione di esemplari unici della Valmalenco e il parco geologico di Chiareggio, dove, se si è fortunati, si può avvistare e persino accarezzare qualche marmotta. E, si sa, il clima di montagna fa venire appetito: le delizie rigorosamente naturali e prodotte sul territorio non deludono. A partire dai celebri pizzoccheri e dalla polenta taragna fino ad arrivare a piatti meno conosciuti ma altrettanto gustosi: gli «sciat», frittelle di Casera in una pastella di grano saraceno, e il «taroz», tipico piatto della cucina povera a base di patate e fagiolini conditi con i tradizionali burro e formaggio d’alpeggio, per non parlare della bresaola, del pane fatto in casa e delle torte artigianali, il tutto innaffiato da vini tipici come il Sassella.
( Fonte: www.gazzettadiparma.it)
" Una passeggiata nel passato remoto" di Benedetta Bragadini
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