
di sabbia in riva al mare battute dal vento aumenta in questa stagione
Gabriele D’Annunzio non stava in Francia per diletto. Era stato costretto a scappare per i debiti contratti. Il Nostro, dopo Parigi, trovò rifugio ad Arcachon, a sud-ovest di Bordeaux. Cittadina nata come stabilimento balneare per ricchi, con grandi ville, hotel e casinò. D’Annunzio lasciò la sua impronta, scrivendo libretti d’opera e il soggetto per Cabiria, il kolossal torinese di Pastrone. Tanto che Arcachon si gemellò successivamente sia con Pescara sia con Gardone Riviera, punto di partenza e di arrivo del Gabriele italico. Egli, nel suo soggiorno, certamente visitò la meraviglia naturale a poca distanza, la spettacolare duna del Pilat (o Pyla), da 100 a 117 metri di altezza, lunga 2,7 km e larga 500 metri. Una duna che cambia la sua altezza, e che avanza verso l’interno, tanto da avere inglobato il cemento armato delle fortificazioni del Muro Atlantico costruito dai nazisti. Impressionante quel corpo sabbioso che spunta dal verde intenso della foresta guascone: si sale con una scalinata e poi si cammina in cresta, ammirando le sabbie, le isolette di sabbia, l’imbocco del Bassin d’Arcachon (famoso per le sue ostriche) e l’Atlantico.
La duna si è formata nei secoli perché un banco sabbioso le sta davanti e, con le basse maree, i forti venti occidentali portano la sua sabbia a depositarsi sulla costa, accumulandosi in altezza, con l’unica barriera del bosco di pini retrostante. Il vecchio nome delle dune era Sabloneys, in guascone sabbie nuove, in relazione al loro continuo movimento, poi cambiato all’inizio del Novecento in Pilat, dal guascone pilhar, cioè monticello. È un’attrazione che porta ogni anno un milione di visitatori per questo spettacolo così insolito. Un terreno plasmabile, che contrasta il blu intenso dell’Oceano. Pilat è però il centro di un sistema che accompagna il litorale dall’estuario della Garonna fino a Bayonne, e che costituisce un grande richiamo delle Landes guasconi: spiagge lunghissime e larghe, onde per il suf, dune che introducono a corsi d’acqua, laghi, boschi. Magnifico.
Lo Jutland è la lunga penisola danese che copre l’occidente del Paese. Un prolungamento delle terre piatte della Slesia, con le loro sabbie e maree. Anche qui lo spettacolo delle dune è impressionante, sembra che il confine tra il solido della terra e il liquido del mare sia incerto, e prenda le forme impalpabili della sabbia in movimento. Skagen è il punto estremo della Danimarca, con un dito di sabbia, Grenen, che incanta e divide idealmente lo Skagerrak a ovest dal Kattegat a est, come si vede dallo scontrarsi delle onde. Qui la luce è purissima e particolare, tanto che a fine Ottocento si formò una scuola pittorica, i Maestri di Skagen, tra i quali Kroyer e Ancher, che si avvicinava all’Impressionismo. Si può vedere la loro interpretazione della luce e della sabbia nello Skagens Museum. Che il Promontorium Cimbrorum, come lo chiama Plinio il Vecchio sia un’area instabile lo testimoniano due luoghi: il Faro del 1858 di 46 metri, il più alto in Danimarca, che indica che un tempo quello era il punto estremo, mentre ora si trova a due chilometri dalla punta finale; e la Chiesa Insabbiata di San Lorenzo (XIV sec.), in mattoni rossi, ricoperta dalle dune alla fine del Settecento.
Tutt’intorno, le dune. Le coste orientale e occidentale, che distano poche centinaia di metri, sono fatte di dune, di diverse dimensioni, e anche le cittadine o gli insediamenti sono sulla sabbia, che riempie i giardini o le vie. Da Klitgården alle case giallo ocra di Gammel Skagen, dove si va a vedere il tramonto, è un susseguirsi di panorami magnifici, di vento, di sabbia in movimento. Ambiente delicato, che merita un approfondimento, sia al Museo di Storia Naturale (la natura e i suoi processi in relazione alla sabbia) e lo Skagen Natur Center, appena fuori, sulla via per Grenen, disegnato da Utzon, che illustra la natura particolare del territorio, il mare, le dune, il vento e la luce.
Warnemünde è lo sbocco, la foce del fiume Warnow sul Baltico tedesco, in Meclemburgo. Oggi è l’appendice marina di Rostock, che è il porto interno, prima della foce. Superate le vicissitudini storiche del Maclemburgo, prima Granducato, poi prussiano, poi Ddr, Warnemünde, fondato nel XIII secolo, è un ex villaggio di pescatori che conserva il fascino delle vecchie case sotto il faro di fine Ottocento e lungo il Vecchio Canale, appena toccato dalla Teiera, un centro culturale costruito al tempo della Ddr. Ai lati della bocca del fiume, ci sono spiagge grandi e dune, 3 chilometri di costa in cui la sabbia si rimodella in continuazione. Dune a portata di mano, ma così numerose che si può camminare per ore.
Fonte: www.lastampa.it