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CLUB ANDARE IN GIRO

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Carezza, dove nasce la storia dello sci moderno

Pubblicato da oleg su 15 Ottobre 2011, 13:11pm

Tags: #Trentino Alto Adige

http://www.gazzettadiparma.it/mediagallery/foto/dett_articolo/1297845415790_0.JPGCarezza, d’inverno è il nome di un ricordo e di una promessa. Il nome di un lago coperto di ghiaccio e neve: letto a baldacchino per il letargo dell’arcobaleno estivo. Lo si scorge per un attimo, tra gli abeti lungo le curve che per la Val d’Ega s’arrampicano verso il passo di Costalunga. Tutto iniziò da lì, da una strada aperta nel cuore delle Dolomiti verso la fine dell’800. Quei tesori ora patrimonio dell’Umanità si aprirono al mondo. E in contemporanea, poco oltre il magico specchio d’acqua dal colore dell’iride, nel 1896 fu costruito un albergo di pietra, il Grand Hotel, per i gran signori d’un tempo. La principessa Sissi, Winston Churchill, Agatha Christie, furono tra gli ospiti. La fama della valle si diffuse, altri alberghi sorsero. E l’estate si fece troppo breve per contenere tutta la bellezza di queste montagne.

 

Neve garantita Latemar e Rosengarten (il nome tedesco, che significa Giardino delle rose, meglio s’addice dell’italiano Catinaccio al profilo frastagliato della roccia) sono i massicci a guardia della valle. E’ ai loro piedi che scendono i 40 chilometri di piste di Carezza. Non molti, rispetto ad altre stazioni, ma preziosi, da misurare in emozioni. Chilometri lisciati alla perfezione, affacciati su paesaggi di puro incanto e illuminati da un sole più generoso che altrove: qui splende in media otto ore al giorno. Che tanto «calore» abbia effetti collaterali sulla neve è un'ipotesi remota: a guardia delle piste sono schierati ben 170 cannoni. «Garantiamo una stagione invernale dal primo dicembre a metà aprile con un manto di neve tecnica che è in media di 70 centimetri» assicura Georg Eisath (padre del gigantista azzurro Florian). Una parola che vale doppio la sua, perché Eisath (che con la moglie Monika gestisce il Moseralm, un quattro stelle al centro del comprensorio) è presidente della Latemar-Karersee, la società degli impianti di risalita, e cofondatore della TechnoAlpin, l'azienda bolzanina che vende i suoi cannoni in 42 Paesi.

 

Discese con vista Un comprensorio ideale per le famiglie, con il 55 per cento di discese facili, il 30 di rosse e il resto per esperti. Larghe e prive di gobbe: nere ma non troppo. Sono due seggiovie a portare alle loro partenze, ai piedi delle pareti verticali del Rosengarten, a 2.337 con la Re Laurino, a 2.125 con la Paolina. Con gli sci ci si ritrova sulla vetta di «trampolini» per gli occhi. Da una parte, s'intravvede la Val di Fassa, dall'altra lo sguardo aperto spazia a occidente, verso crinali che si rincorrono come onde di pietra, stemperandosi nell'azzurro. Superato il primo muro, entrambe le piste perdono il nero e invogliano alla «tirata» d'un fiato. Se non è domenica, quando a Carezza, a meno di mezz'ora d'auto da Bolzano, sbarcano gli sciatori «mordi e fuggi», ci sono tutte le condizioni per farlo.

 

Dagli albori eroici a oggi La storia moderna di questa skiarea iniziò 60 anni fa, con la costruzione della prima seggiovia della zona e del rifugio Paolina. Non era un periodo di grandi spostamenti, per chi metteva gli sci ai piedi: ogni albergo aveva un maestro e un tracciato. I gatti delle nevi dovevano fare la loro comparsa. «Per battere le piste - ricorda Friedrich Fäckl, uno dei “pionieri” - tre o quattro persone risalivano sfalsate, per spianare una scia larga quanto possibile». Poi, entrò in scena un rullo di legno. «Uno davanti e uno dietro - spiega Ludwig Wiedenhofer, un altro maestro ora 82enne - noi scendevamo più volte per la pista». A volte si affrontavano spedizioni ora semplici, ma che allora avevano un che di himalayano. «Organizzavamo per i turisti anche gite a Canazei, in Val Gardena e sulla Marmolada - racconta Sigmund Dejori, maestro di sci dal 1961 -. A tratti bisognava anche portare gli sci in spalla. A volte trovavamo dei portatori: ricordo di uno che portò dodici paia di sci fino alla stazione a valle della Marmolada». Altro che mezzo secolo sembra passato.

 

Il colore della pietra Ora si fa ben altra fatica, perché oltre ai 16 impianti ci sono anche tapis roulant per evitare il minimo dislivello. E ci si possono permettere altri orari: i «gufi delle nevi» a Carezza sciano in notturna dalle 19 alle 22 ogni mercoledì e venerdì. Ma si può anche cambiare mezzo. Lungo la pista Christomannos è stato realizzato uno snowpark. Tre (compresa quella di Nova Levante) sono le piste da slittino. Sedici i chilometri di tracciati per il fondo. Chi invece vuole misurare la montagna passo a passo, ha a disposizione innumerevoli percorsi per le ciaspolate. Alcuni s'addentrano nella splendida foresta del Latemar, per «perdersi» nel labirinto di massi erratici di Agatha Christie, in cerca delle tre bambole d'oro di una delle tante leggende ambientate da queste parti. Un'altra riguarda il Rosengarten, con il giardino di rose di Re Laurino. Per una maledizione lanciata dal sovrano dei nani, non si sarebbe più visto: né di giorno né di notte. Laurino dimenticò il crepuscolo. E così, a ogni calar del sole, sbocciano per gli occhi di tutti quelle rose alte sulla valle. Fatte di roccia, fugaci come il tramonto. ( Fonte: www.gazzettadiparma.it)

Autore: Roberto Longoni

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