Il paradiso degli animali senza tempo si trova nel cuore dell’arcipelago più grande del mondo: l’Indonesia. Diciassettemila isole; cinque ore di volo da Sumatra, quella più occidentale, sprofondata nell’Oceano Indiano, a Papua, l’estremo orientale, in pieno Pacifico. Nel centro, un grappolo di puntini che sulla carta geografica sembrano granelli si sabbia: Komodo, Rinca, Padar, Rengah, Punya e le loro cento microscopiche sorelle galleggianti. Dal lato dove nasce il sole, a proteggerle, c'è la gigantesca sagoma di Flores. E’ qui, dalla città di Labuan Bajo, che parte il safari alla scoperta della profondità dei millenni, all’interno di un’arca di Noè dove mancano, davvero, solo i liocorni. Per il resto gli animali impossibili ci sono tutti: dal cobra sputacchione alle volpi volanti, dalle mante ai calamari giganti, alle stelle marine grandi come soli. Ma il re dell’arcipelago è il varano. C'è chi parte dal Canada, dalla Finlandia o dalla Cina, affronta trenta ore di volo e una crociera su barconi inaffidabili, solo per vedere questo drago preistorico antico come un dinosauro, brutto come uno scorfano, spietato come un coccodrillo, ributtante come un avvoltoio o una iena. Orrendo e affascinante. Vile, senza un briciolo di anima. Violento. Cannibale eppure seducente. Quando non si nutre di carogne puzzolenti, attacca le sue prede in modo proditorio. Le uccide dopo lunghi agguati, non con la forza del suo morso ma con i sessanta e più batteri letali che vivono nella saliva rossa come il sangue. Disseppellisce i cadaveri nei cimiteri tropicali e mangia i suoi figli che sono costretti a rifugiarsi sugli alberi per sfuggire alle fauci della madre. Aggredisce senza ragione chi gli ronza intorno. Il governo indonesiano ha creato per il varano il Parco nazionale di Komodo, che si estende pure su Rinca ed alcune isolette vicine, ma anche entrando in quest’area protetta, non è facile vedere il drago. Ci sono viaggiatori che, dopo avere macinato migliaia e migliaia di chilometri in cielo e in mare, tornano a casa senza averlo incontrato. In ogni caso, la caccia fotografica al lucertolone vale da sola il viaggio. Il panorama di Komodo e di Rinca ha la dolcezza, l’immensità, il mistero della savana africana. Le stesse colline che si aprono all’infinito come le labbra si aprono al sorriso, la stessa erba rinsecchita, gli stessi cieli carta da zucchero, ma con le palme, lunghe e snelle, a bucare l’aria al posto delle acacie. In fondo all’orizzonte, il verde e il turchino del mare, con una sterminata catena di isole che si perdono nel vapore salato dell’acqua. Per avere delle buone chances di trovarsi a tu per tu con la preistoria bisogna scegliere il trekking più lungo: chilometri e chilometri da percorrere tra invisibili serpenti velenosi, bufali selvaggi, cervi, scimmie, farfalle variopinte, boschetti di palme, cespugli spinosi, zanzare, salendo e scendendo pendii dolci come il miele ma insidiosi e traditori. Durante il safari non c'è più il tempo, non c'è più lo spazio, c'è solo la speranza di incontrare il drago. Di incontrare la bestia come la incontravano i nostri antenati migliaia di anni fa, spaventati dalla sua mole, attratti e respinti dall’aspetto repellente, inorriditi dalla bruttezza sinistra. Le camicie inzuppate di sudore, i piedi dolenti, il battito del cuore incontrollato, le punture degli insetti: tutto si cancella quando il varano appare accovacciato sotto una roccia. E’ un attimo; il cervello, il cuore, i muscoli e il sangue vivono un’emozione intensa, non nuova, che ci siamo tramandati di padre in figlio nei secoli dei secoli. Un’emozione che sta nascosta nel nostro patrimonio genetico e che la vista di quella corazza spessa, di quelle zampe brutalmente artigliate, di quell'immenso corpo di lucertola guerriera, risveglia attraversando la notte dei tempi. Quello che colpisce di più è la sterminata lingua biforcuta che di continuo entra ed esce dalla bocca del drago alla velocità della luce. Quella propaggine arancione e marrone è l’unico contatto che un animale senza udito e con una vista debole ha col mondo. Fa da naso, da orecchio e da occhio. Gli serve come un radar per localizzare, assaporare e annusare gli stimoli.
Con l’aiuto del vento e grazie alla sua abitudine di spostare, mentre cammina, la testa da un lato all’altro, il varano è in grado di individuare la carcassa di un animale morto a distanze variabili tra i quattro e i dieci chilometri. La sua mole è impressionante: in età adulta è lungo quasi quattro metri e pesa settanta chili, la lucertola più grande del mondo. E’ velocissimo. Quando scatta verso le prede raggiunge, per alcuni secondi, la velocità di venti chilometri all’ora, come Mennea. Spesso si scaglia verso i visitatori del parco. E’ impressionante vedere come, quando attacca, i rangers lo tengono a bada servendosi di una bastone di due metri, biforcuto come la lingua del drago. Gli danno un colpetto sulla pancia e il mostro si placa. Alza la testa e esplora l’aria con la lingua, il corpo completamente immobile. Per vedere i draghi scatenati bisogna essere sull'isola in agosto, nella stagione dell’accoppiamento. Siccome ci sono tre maschi per ogni femmina, la lotta per la conquista è spietata. Non di rado termina con la morte di uno dei contendenti che finisce mangiato dall’altro. Più spesso il soggetto più debole si ritira fuggendo per salvare la vita.
Dopo l’accoppiamento i varani depongono le uova in modo singolare: scavano alcune buche vicine tra loro, diverse grandi e una piccola. Proprio in questa, per ingannare i predatori, depongono i grossi gusci, una quindicina o anche più. La gestazione dura otto mesi e, appena nato, il lucertolino inizia a vivere sui rami delle piante per sfuggire alla madre assassina e cannibale. Ai viaggiatori più fortunati, capita di vedere queste bestiole stese a prendere il sole sui rami più alti degli alberi morti, nel disperato tentativo di scaldare il loro sangue freddo. Ci vogliono otto anni per trasformarsi da lucertolina in drago adulto, dopo di che per il varano ci sono ancora una ventina di anni di vita. Un esemplare maturo è in grado di attaccare e uccidere (grazie ai micidiali batteri che inocula) un bufalo selvaggio. Ha solamente poche papille gustative situate sul retro della gola e gli è sufficiente mangiare una decina di volte in un anno. Le sue squame durissime, quasi ossee, specialmente quelle attorno alle orecchie, agli occhi e alle labbra hanno placche sensorie connesse a nervi che dotano l’animale di un senso del tatto sviluppatissimo. Gli occhi del varano, di fatto morti, sono due grandi specchi concavi che riflettono un panorama deformato e senza tempo. Il mondo della preistoria.
Fonte: www.gazzettadiparma.it
Komodo e Rinca le isole dei draghi - di Luigi Alfieri
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