Attenzione, ecco il genere di luogo paradisiaco da cui non si vuole più ripartire. Nell’estremo sud del Laos, sorge in mezzo al Mékong un arcipelago di 4. 000 isolette che riunisce il fascino bucolico all’esotismo del sud-est asiatico.
A qualche colpo di remi dalla frontiera cambogiana, il scintillante Mekong si allarga dolcemente per contenere un arcipelago di grande bellezza. Non c’è dubbio, è qui, nella provincia di Champassak, che il tempo ha scelto di “sospendere il suo volo”. Una miriade di isole vi fanno parte, fra le quali Don Det, «votata» al turismo e le sue sorelle maggiori Don Khône e Don Khong, più discrete e selvagge. A parte alcuni scooter che trasportano piccole cose, ci si sposta a piedi o in bicicletta su verdeggianti sentieri e rarissime strade o in barca. Gli abitanti flemmatici di questo paradiso laotiano possiedono ancora il famoso sorriso che tanto ha contribuito alla reputazione dei vicini thailandesi, ormai troppo occupati a sviluppare un turismo di massa disordinato.
Ritorno alle fonti sulle rive del Mekong
L’antichissimo «paese del milione di elefanti» ha superato il milione di turisti solo di recente: un miniboom che tuttavia non è ancora paragonabile con i risultati del suo egemonico vicino thailandese (più di 15 milioni di curiosi ogni anno). Nel Laos, le infrastrutture hanno messo tempo, molto tempo, a modernizzarsi. A Si Phan Don, infatti, l’allacciatura elettrica risale all’inizio del… 2009. È stata accompagnata, ovviamente, da un arrivo massiccio di televisori, davanti ai quali ogni famiglia può seguire ormai quotidianamente le soap opera thailandesi e vietnamite. Inutile menzionare Internet, che tenta una difficile e lenta conquista di questo territorio distante da tutto. Insomma, questo inferno per drogati di tecnologie e modernità è invece un paradiso per i viaggiatori che cercano di rigenerarsi a contatto con la natura. Le 4.000 isole vivono pacificamente al ritmo della stagione secca e della stagione delle piogge, infischiandosene delle stravaganze tecnologiche delle società occidentali. Qui, l’unica sveglia è il gallo, che condivide la vita dei suoi abitanti e di un pugno di turisti, il cui numero comincia però ad aumentare, atttratti dal fascino spartano di una dolce e piacevole ruralità.
Un paradiso presto perduto?
Don Det comincia ad essere vittima del suo successo. Questa isoletta, di cui si fa facilmente il giro in meno di due ore, si è radicalmente modificata nell’ultimo decennio. Ogni famiglia, ora, ha la propria attività, affitta delle camere e funge da agenzia di turismo. La decina di bungalow degli inizi è stata moltiplicata per venti. Bisogna ammettere che il principio è semplice: 30.000 kip (circa 3 euro) bastano per una capanna di bambù su palafitte con wc e doccia fredda in comune, tipo camping. Le temperature miti lo permettono. In materia di turismo, gli abitanti di Don Det imparano in fretta. Hanno capito bene che la loro isola aveva tutti i requisiti per diventare un covo di giovani e meno giovani giramondo. Quindi, certi abitanti si stanno lanciando nella costruzione di abitazioni un po’ più confortevoli con sala da bagno e aria condizionata. Eppure, fedeli a se stessi e insensibili a ciò che potrebbe rappresentare una comodità, gli autoctoni continuano a lavarsi nel fiume.
Separata da uno stretto ponte di pietra risalente all’epoca coloniale, l’isola di Don Khône offre un paesaggio più selvatico, con la sua foresta di bambù e le sue belle cascate. È vero, si può anche affittare qualche camera, ma non c’è paragone con la popolarità della sua piccola vicina. Ci si augura che resti così. Per quanto riguarda l’atmosfera, Don Khône assomiglia a Don Det dieci anni fa. Dalla punta meridionale di quest’isola si può osservare la Cambogia, e con un po’ di fortuna, i delfini dell’Irrawaddy, purtroppo minacciati di estinzione.
Si Phan Do: isole e tempo
Le 4.000 isole sono spesso una tappa distensiva durante la scoperta del Sud-Est asiatico oppure sono la meta successiva dopo la visita di sontuosi siti culturali del Laos settentrionale. Si prevede di restarci due o tre giorni, tanto per riprendere un po’ il fiato. Poi, lentamente rapiti dalla deliziosa indolenza di questo luogo, si realizza che il soggiorno dura già da una settimana. L’amaca qui è d’obbligo e l’ora della siesta estensibile. Così, in qualsiasi ristorante, si cerca di far capire al cliente che bisognerà aspettare… Che importa, in questi luoghi, il tempo è la derrata più preziosa. Informazioni pratiche
Le 4.000 isole si raggiungono in autobus dalla città di Paksé, poi in barca.
( Fonte: www.viamichelin.it)
Autore: Marie Lecoq