Furono i romani nel 200 a.C a iniziare la costruzione di un'opera monumentale che doveva garantire il fabbisogno giornaliero di acqua alla città di Genova. Il tracciato si sviluppava sulla sponda destra del torrente Bisagno, era lungo 11 km e aveva una pendenza media di 3,3 metri per km. Dalle rapide di Montanasco il condotto passava per Staglieno, attraversava la città fino a giungere a Sarzano e alla Ripa. Lo sviluppo del porto e della città hanno spinto i genovesi a cercare nuove fonti sempre più a monte: se nel 1355 l'acquedotto arrivava a Trensasco, a metà Seicento raggiunge la località 'la Presa'.
La complessità orografica della valle - soggetta a frane e smottamenti - ha richiesto, nel corso dei secoli, la costruzione di grandi opere murarie per la sua salvaguardia. Ancora oggi si possono contare 41 ponti-canale (architettonicamente i più innovativi sono quelli di Cavassolo, del 1630 e del Rio Torbido, del 1623) e i due spettacolari ponti-sifone sul Geirato (1777) e sul Veilino (1842). Se per costruire il ponte sul Geirato le maestranze impiegarono 5 anni, per decidere come realizzarlo i progettisti ne misero 112. Le difficoltà da affrontare erano molte, fra queste la pressione dell'acqua nei tubi, tanto che inizialmente si pensava di utilizzare tubi in marmo. Poi furono scelti quelli di ghisa provenienti dall'Inghilterra, ancora oggi ottimi reperti di archeologia industriale.
Alla realizzazione dell'acquedotto, attivo fino al 1917 quando un decreto dichiarò 'la non potabilità' delle sue acque, contribuirono i più grandi architetti e ingegneri genovesi: Storace, Aicardo, Vinzoni, Bianco, Bagliani e Barabino, gli stessi che hanno edificato palazzi e monumenti cittadini. «Bisogna ricordare anche il lavoro di muratori, manovali, piccapietra, cavatori e riparatori di frane, che resero possibile l'opera. L'acquedotto, abbandonato nel 1957, è stato, per un millennio, la seconda grande fabbrica genovese dopo il porto», spiega Giordano Bruschi che con Valter Lattanzi e Giusi Giani dal 2005 animano il Circolo di via Sertoli, il cui scopo è la gestione e il recupero dell'acquedotto.
L'intero tracciato è lungo una quarantina di km (derivazioni comprese) e potrebbe essere una meravigliosa creuza verde che attraversando orti, prati e torrenti giunge in piazza Caricamento dove sono restate le trecentesche arcate di Sottoripa.
Il percorso in città
Fino al XVII sec. l'acquedotto entrava in città dall'attuale via Burlando per poi giungere a Castelletto dove scendeva a Porta dei Vacca e qui si divideva in due rami, uno andava verso ponente e finiva in Darsena, l'altro nella cisterna del Molo. Successivamente furono costruiti altri bracci affinché tutta la città fosse servita. Dopo l'espansione urbanistica degli ultimi due secoli, non restano che poche tracce: in corso Solferino e corso Magenta il marciapiede è stato ricavato dall'antico condotto ricoperto di pietre di Luserna, in Sottoripa sono ancora visibili parti delle arcate in pietra, sopra Porta dei Vacca si nota una porzione del condotto.
Bronzini e Cannoni
Il bronzino ha rappresentato per oltre cinque secoli l'unità di misurazione dell'acqua. Composto da un tubo di ottone fuso del diametro di 12,38 mm, portava l'acqua sul tetto delle abitazioni ed era esclusivo appannaggio dell'oligarchia. Il popolo doveva accontentarsi delle fonti pubbliche. I cannoni, invece, erano grandi bronzini in marmo inseriti nelle fonti pubbliche. Ne sono visibili ancora tre ai piedi di Porta Soprana e quelli della fontana dei Cannoni del Molo.
Cisterne e fontane
Le cisterne, oltre a raccogliere l'acqua piovana, erano alimentate da sorgenti e dall'acquedotto. Fra le più antiche, le cisterne di Palazzo Ducale, quelle di piazza Fontane Marose e di Sarzano. Anche le fontane erano approvvigionate dall'acquedotto e si utilizzavano prevalentemente per attività mercantili (e infatti le prime sorgono vicino ai moli). Nel Cinquecento la fontana diventa un lusso da esibire all'esterno dei palazzi e, contemporaneamente, punto d'incontro della vita cittadina.
L'escursione
Dove - Durata: Da Cavassolo a Rio Torbido 60-80 min. Da Rio Torbido a Molassana 60-80 min
Difficoltà: facile
Passata la Galleria della ss45 in direzione Piacenza, poco dopo Davagna, sulla sinistra, si attraversa il ponte di Cavassolo e da qui si va sempre dritti. Lungo l'itinerario si incontrano filtri, ponti-canale e la Galleria della Rovinata, con portale costruito da Barabino. Proseguendo si supera il ponte sul Rio Torbido. Poco dopo, si può fare una deviazione per visitare la Chiesa di San Siro. Ritornati sul tracciato si continua fino alla chiesa di S.M. Assunta. Poco dopo si incontra il ponte-sifone sul Geirato.
Visita al ponte-sifone sul Geirato: rivolgersi al Circolo di via Sertoli tel 333 3208182
( Fonte: www.mentelocale.it/ Rivista Blue Liguria)