Siamo a Gerusalemme e dopo la colazione in hotel saliamo sul pullman, questa volta il tragitto sarà breve: destinazione il Monte degli Ulivi. Da questa collina di fronte alla città vecchia di Gerusalemme godiamo lo spettacolo della città cinta dalle alte mura.
Sotto di noi c'è il cimitero ebraico più grande del mondo, con tombe che risalgono al II millennio a.C.. Possiamo dire che c'è una città di morti che osserva quella dei vivi. O viceversa. Le migliaia e migliaia di tombe che popolano questa zona, nella tradizione ebraica non vanno riesumate, rimarranno intoccabili fino al momento della resurrezione dei corpi. Secondo la Bibbia la resurrezione dei morti inizierà quando arriverà il Messia e, siccome il Messia apparirà a Gerusalemme, questi morti saranno i primi a resuscitare. Ecco perché per gli ebrei questo posto è molto ambito.
L'aspetto che più caratterizza il panorama della città vecchia di Gerusalemme è la Cupola d'oro del Tempio della Roccia, il Tempio di Omar, che non è una moschea, ma un santuario musulmano. All'interno di questa costruzione, sotto la Cupola d'oro, c'è la roccia dove Abramo avrebbe dovuto sacrificare suo figlio Isacco, prima che Dio lo fermasse. Nel medesimo posto - su quella roccia - si sostiene che Maometto invece salì al cielo su un carro di fuoco. La pianta ottagonale della Cupola della Roccia resta uno dei più bei capolavori del genio umano e uno dei suoi tesori architettonici meglio conservati.
Dopo la vista sulla città vecchia scendiamo dalla collina attraversando il grande cimitero. Lungo la discesa del Monte degli Ulivi vediamo molte cupole e campanili: la chiesetta dell'Ascensione, la Basilica del Pater Noster, il Monastero russo ortodosso di Santa Maria Maddalena, con le sue belle cupole dorate a bulbo. In fondo troviamo il Getzemani, detto anche Orto degli Ulivi, dove Cristo trascorse l'ultima notte prima delle condanna. Un gruppo di ulivi secolari forma un giardino. Molti si chiedono se qualcuno di questi ulivi abbia visto veramente Gesù. A fianco c'è la Chiesa di tutte le Nazioni, conosciuta anche come chiesa dell'Agonia: luogo di culto bizantino già dal IV secolo, poi crociato, andato poi in rovina con la definitiva occupazione islamica; è stato ricostruito nel 1919 con il contributo di numerosi paesi sotto la guida dell'architetto Antonio Barluzzi.
Attraverso la Porta dei Leoni entriamo nella città vecchia e imbocchiamo subito la 'via dolorosa', la Via Crucis. Questa è la zona musulmana. Le zone cittadine sono ben distinte in musulmana, cristiana ed ebrea e la suddivisione è sorvegliata da militari israeliani, ma questo non impedisce a nessuno di confondersi, di essere semplicemente 'gente di Gerusalemme'.
Gerusalemme è una città unica, disegnata dalla storia millenaria e nessuno in effetti riuscirà mai a dividerla. Per conoscerla e penetrarla nell'intima essenza bisognerebbe starci di più dei nostri programmati due giorni. Così come turisti frettolosi ci avviamo per veder le cose più visitate: la Via Dolorosa, Il Santo Sepolcro, il Muro del pianto e la spianata del Tempio della Roccia dove sorge anche la moschea al-Aqsā.
La via dolorosa che porta al Golgota e al Santo Sepolcro è un bazar, che al di là delle stratificazioni storiche utili a celebrare una memoria religiosa, propone oggetti che ormai troviamo in ogni mercato del mondo. Anche il Santo Sepolcro (come la Basilica della Natività) è diviso tra le varie fedi cristiane e ognuno gestisce il suo pezzetto di chiesa.
Qui vale la pena fermarsi sui gradini all'ombra ed osservare il via vai di fedeli provenienti dai più diversi paesi del mondo. Il giorno seguente in programma c'è il Muro del pianto e la visita al Museo di Israele dove, in un'apposita costruzione, sono raccolti i famosi Rotoli del Mar Morto: il più antico libro della storia dell'uomo, che guarda a caso riporta testi biblici, come il primo libro stampato da Gutemberg. Recentemente in questo museo è stato inserito un modello della città vecchia di Gerusalemme, del 66 d. C., in scala 1:50. Il modello aiuta a capire lo sviluppo e la disposizione di Gerusalemme odierna.
Tra la folla di copricapi neri, alti sulle teste da cui pendono boccoli, chador indossati dalle donne musulmane, grida di bambini che giocano, ci avviamo verso il cosiddetto 'muro del pianto'. La casbah è rumorosa e odorosa: rosari e kippah, croci e menorah, incensi e cartoline. Io, dopo aver assaggiato il pane arabo di Gerusalemme, decido di comprare lo zatar (una mistura di spezie a base di timo e sesamo con cui si condisce questo pane buonissimo).
Quello che chiamiamo 'muro del pianto' bisogna chiamarlo 'muro occidentale'. Il pianto che si dice caratterizzi questo muro, per il dolore della distruzione del Tempio di Salomone, è un falso. Se qualche ebreo qui piange è per la commozione di pregare in un luogo santo.
Questa parte di 'muro occidentale' rimane sottostante la spianata dove sorge la moschea al-Aqsā; più avanti, lungo lo stesso muro sono in corso scavi archeologici dove sono tornati alla luce reperti dell'antico Tempio di Re Salomone - il figlio di Re David. Usciti dalla Porta di Giaffa è ora di salutare Gerusalemme. Fa un certo effetto vedere da vicino uomini di ogni età dondolare pregando davanti alle grosse pietre che compongono l'antico muro di cinta della città. Le donne separate pregano in un'altra zona dello stesso muro.
I due giorni dedicati alla visita volano. L'ultima tappa è Tel Aviv. Appena usciti da Gerusalemme, sulla strada per Tel Aviv visitiamo un altro luogo importante per il cristianesimo: Ein Karem dove c'è la Chiesa della Visitazione, ossia dell'incontro tra le cugine Maria ed Elisabetta, la madre di Gesù e quella di Giovanni. Un luogo che ricorda come le due donne si scambiarono la consapevolezza di un destino che avrebbe influenzato tutta l'umanità: due donne all'origine di una storia incredibile.
Tel Aviv dista 60 km da Gerusalemme e si raggiunge in un'ora con l'autostrada numero 1. A Tel Aviv si respira un'aria europea. Dal traffico autostradale si comprende che qui siamo nella capitale economica di Israele. Grattacieli e centri direzionali delle maggiori società mondiali di hi-tech, si susseguono lungo la strada. Si dice che è Tel Aviv che fa muovere Israele; i suoi abitanti dettano le mode, creano continuamente nuovi stili di vita, in breve è la città che non dorme mai. Noi la guarderemo dal finestrino dell'autobus: la nostra meta è Giaffa, il vero cuore antico di Tel Aviv, sulla costa del mediterraneo. Passeremo l'ultima notte a Tel Aviv mangiando in un ristorante con il servizio sulla spiaggia. Per alcuni di noi sarà l'occasione per un bagno notturno. L'allegria questa volta si mischia con la malinconia: il viaggio è al termine e domani mattina ci attende il volo per Roma.
L'avevo detto: i controlli sono più severi in uscita che in entrata. In aeroporto ci faranno molte domande: cosa abbiamo visto; se abbiamo ricevuto della merce in regalo, dove siamo stati, con chi e perché. Poi tutti i nostri bagagli vengono passati sotto i raggi X. Per uscire da Israele bisogna armarsi di pazienza. Può capitare di dover essere controllati diverse volte.
Ciao Israele; per capirti bisogna visitarti, ma una volta sola non basta. Israele è giovane ed avrebbe bisogno di convivere con un altro Stato, la Palestina, che non esiste ancora e che invece potrebbe essere un partner utile a sviluppare quel benessere ambito da tutti. Senza aspettare inutili Messia a resuscitare altri morti. ( Fonte: www.mentelocale.it)