Il confine a Gorizia è oggi una striscia d'asfalto lunga solo cento metri: va dal vecchio valico della Casa Rossa al primo distributore di benzina in terra slovena. Vale a dire: dall'italico gasolio ubriacatosi fin oltre gli 1,70 euro al placido litro da 1,269 di Nova Gorica. Ora le due città gemelle - con la frontiera che un tempo le divideva come il Muro di Berlino, addirittura con la facciata della stazione da una parte e i binari dall’altra - non sono altro che un ricordo: sopiti quasi del tutto gli antichi rancori delle follie fasciste e titine, Gorizia (con le antiche strade, le chiese, il Palazzo delle Torri, il Sacrario militare di Oslavia) e Nova Gorica (con il casino più grande d'Europa su per la Castagnavizza) appaiono infatti come placide perle schiuse tra boschi, monti e colline da fiaba, circondate dai mille parchi dell'Isonzo. Allegre, vivaci, piene di vita, spesso quasi divertite all’altrui stupore. Gorizia è dunque tornata ad essere la Nizza degli Asburgo. Esempi? Fino a qualche giorno fa era in festa per la Fiera di Sant’Andrea, poi c’è stato il Villaggio dell’amicizia benedetto da dieci sindaci venuti da ogni dove, persino da Klagenfurt per non lasciare mai decantare le comuni tradizioni. Dal 12 dicembre il Castello sta invece dominando dall’alto le sue nuove giostre: i mercatini del Natale di corso Verdi con la gente a scaldarsi a sorsi di «bombardino», il Vov caldo spesso accompagnato da ciambelle e würstel. Mentre, ai pochi passi della Piazza della Vittoria, si adagia la pista di snowboard con tutte le sue casette da presepe e le nuvole di giovani che sfrecciano felici sulla tavola in pieno centro, in attesa che la neve faccia la comparsa definitiva sulle discese preferite di Kranijska Gora o di Piancavallo.
È normale che nelle città frontaliere si respiri l’aria dell’internazionalità: l’abitudine alle diverse etnie, alle lingue, alle altre culture. Tutti fattori che smacchiano via quella polvere di provincialismo che, al contrario, si depone persino sulle metropoli. Ma qui - a ben pensarci - c'è persino qualcosa di più: un'aura che ti avvolge e ti coinvolge. A cominciare dalla cucina dove tutto è buono, tutto è goloso, tutto è da assaggiare, tutto nutre anche lo spirito, tutto viene da dappertutto. E si capiscepiù di una gente osservando quel che mangia piuttosto che cercare di leggere una storia che ha portato le diverse dominazioni proprie di chi da sempre vive su uno dei bordi del mondo. Accomodiamoci dunque a tavola per essere rapiti da quei mille profumi e sapori che discendono direttamente dalle mille signorie che qui si sono sovrapposte nei secoli: dai romani ai conti del Palatinato, dallo stato patriarcale di Aquileia alla Repubblica di Venezia, dagli imperatori asburgici a Napoleone, dalla prima conquista italiana subito vanificata dalla sconfitta di Caporetto al redde rationem con la allora Jugoslavia.
Ecco dunque, tra i primi, una deliziosa pasta fatta in casa e tagliata a strisce (blecs), condita con sughi d'arrosto e selvaggina. Oppure dei saporosi gnocchi di susine conditi con burro fuso e cannella o la rude jota contadina, una superminestra di capucci acidi (cavoli), fagioli e stinco. Tra i secondi sono quasi indimenticabili il musetto e la brovada (ovvero uno speciale cotechino servito con le rape bianche grattugiate e lasciate fermentare nella vinaccia), il gulasch, le profumatissime frittate alle erbe (con gli asparagi, con i germogli di luppolo selvatico, con dodici varietà di erbe selvatiche). Immancabili contorni sono le patate in tecia e l'insalata di radicchio e fagioli. I dolci poi occupano uno spazio particolare: su tutti spicca la gubana al forno dalla forma a chiocciola (conosciuta anche come Presnitz o strucolo: a base di pasta dolce lievitata con un ripieno di noci, uva sultanina, pinoli, zucchero, scorza di limone - il tutto irrorato di slivoviz, l'acquavite di prugne). A un passo, ispirati alla tradizione mitteleuropea, seguono i caldi strüdel di mele, pinoli, uvetta e le profumate crostate di frutta. Né può mancare una conditura con lo straordinario miele locale.
Tali prelibatezze si sposano alla perfezione con i vini, prodotti soprattutto nella zona di Oslavia (appena al di là dell'Isonzo, lungo tutto il confine con la Slovenia) famosa per i suoi bianchi (Tocai, Pinot e Sauvignon), i suoi rossi (Cabernet e Merlot e naturalmente il Collio). Senza tralasciare grappe e distillati. Naturalmente questa è cucina che si gusta soprattutto in famiglia. Ma nessun ristorante ne è mai sfornito. Piuttosto si aggiungono altre specialità.
Autore: Piero Soria
Fonte: www.lastampa.it
Gorizia, la nuova vita della città asburgica
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